Manca una regia che coordini gli interventi. In teoria i tamponi vengono fatti su tutti gli ospiti sintomatici, ma in realtà dipende dalle decisioni delle Ats territoriali. E non è chiaro chi debba e dove curare quelli che risultano positivi. “Le Rsa non sono in grado di affrontare questa situazione con le loro forze”, ammette Luda Degani, presidente di Uneba Lombardia
MILANO – In Lombardia la situazione delle case di riposo continua ad essere drammatica e nulla fa sperare che ci sarà uno sforzo per affrontarla. I tamponi in teoria vengono fatti sugli ospiti che presentano sintomi, ma ciò avviene a macchia di leopardo: dipende da quel che decidono le singole Ats.
E una volta che un anziano risulta positivo al Covid19, non è chiaro chi debba curarlo e dove. “Le Rsa non sono in grado di affrontare questa situazione con le loro forze“, ammette Luda Degani, presidente di Uneba Lombardia, associazione di categoria alla quale aderiscono circa 400 strutture. Gli anziani ospiti nelle case di riposo non vengono ricoverati negli ospedali se si ammalano, rimangono nelle Rsa. “Quello che noi chiediamo è un supporto da parte di medici specializzati -aggiunge Degani-, come infettivologi, pneumologi, rianimatori. Perché i medici delle Rsa sono esperti nella cura delle malattie croniche, ma non nelle acuzie e ci troviamo in una situazione assolutamente eccezionale”.
Fino a settimana scorsa, in molte Rsa medici, infermieri e operatori socio sanitari non avevano mascherine né camici adatti. L’impressione, ascoltando il presidente di Uneba, è che la situazione sia fuori controllo. “Le Rsa di Sondrio hanno ricevuto una lettera dall’Ats in cui veniva chiesto loro di compilare un figlio excell per indicare quanti anziani sono morti nelle loro strutture per covid-19. -racconta Degani-.
Il problema è che non siamo stati messi nelle condizioni di fare i tamponi (che dovrebbero essere forniti dalle Ats, ndr). E quindi come si fa a chiedere alle Rsa quanti sono i morti per coronavirus?”. In altre zone della Lombardia le Ats non stanno fornendo i tamponi, ma alle case di riposo è arrivata semplicemente un elenco di laboratori a cui rivolgersi a proprie spese. “C’è ancora tempo, però, per intervenire -aggiunge Degani-.
E non solo con i tamponi su ospiti e personale, ma anche poi portando gli ospedali nelle case di riposo: ossia prevedere nelle Rsa percorsi di cura per chi è contagiato, con il supporto di personale medico specializzato e in rete con Ats e ospedali”.
Due giorni fa i Sindaci di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Mantova, Milano e Varese hanno scritto al governatore della Lombardia Attilio Fontana per porgergli alcune domande, di cui una sulle case di riposo. “Che cosa sta facendo la Regione per proteggere il personale sanitario e gli ospiti delle Rsa, in molte delle quali sappiamo purtroppo di numerosi decessi? In una recente conferenza stampa il Presidente Fontana ha detto che la situazione “è sicuramente sotto controllo” e che “tanto i plurisintomatici che i monosintomatici verranno sottoposti a tamponamento”.
È ciò che si sta realmente facendo?”. Il Governatore ha risposto che “sin dalle prime avvisaglie, Regione Lombardia ha fornito indicazioni puntuali ai gestori delle strutture per predisporre una limitazione degli accessi a parenti e visitatori degli ospiti e tutelare lo stato di salute impedendo di portare all’interno agenti virali esterni” e che sono state redatte “apposite linee guida adottate nella seduta di Giunta del 30 marzo”. Linee guida arrivate dunque oltre un mese dopo l’inizio dell’epidemia. (dp)