Avv. Simona Bosisio – Avv. Silvia D’Angelo – Avv. Andrea Lopez

Il legislatore, con un atto avente forza di legge, il D.L. n. 44/2021, pubblicato ed entrato in vigore data 1° aprile 2021, ha disposto misure urgenti in materia di prevenzione del contagio da Covid-19 introducendo l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario.

Considerata la rilevanza della norma nell’attuale contesto emergenziale, si ritiene utile offrire di seguito un’analisi del testo normativo, nei suoi commi più significativi, alla luce delle peculiarità delle realtà sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali.

1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano.

In premessa si vuole porre in risalto la ratio della norma, che è quella di tutela della salute pubblica e della sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura ed assistenza. La norma ha un ambito di applicazione nazionale e contempla non solo l’attività strettamente sanitaria, ma anche quella sociosanitaria e – ciò costituisce una novità – quella socio-assistenziale.

Proprio in ragione delle finalità e dell’ampia portata della disposizione, sono destinatari dell’obbligo vaccinale tanto le professioni sanitarie strettamente intese, quanto quelle che operano all’interno delle strutture afferenti alle aree sopra richiamate.

Del resto, da un’attenta lettura del testo della norma è ragionevole concludere che tutti gli operatori che concorrono alla presa in carico del bene salute nei servizi sanitari, sociosanitari e socio assistenziali sono sottoposti a obbligo vaccinale.

Infatti la norma, richiamando non l’attività ma l’interesse sanitario sembra riferirsi alla definizione di salute dell’OMS (ovvero “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”) e, pertanto, pare ricomprendere anche quelle professioni che contribuiscono allo stato di benessere complessivo di soggetti portatori di bisogni presi in carico dagli erogatori dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali ma che, tecnicamente, non possono erogare prestazioni sanitarie.

D’altra parte non avrebbe neppure alcuna logica escludere, in un contesto di presa in carico di soggetti fragili, anche un solo profilo professionale che entra in contatto con l’utenza.

È dunque ragionevole ritenere che la norma possa estendersi – non solo a medici, infermieri, psicologi, educatori sanitari, FKT, ASA, OSS – ma anche ad educatori socio-pedagogici, così come al personale amministrativo e a quello assegnato ai servizi di pulizia, cucina, lavanderia ecc.

In altri termini, si ritiene che la portata applicativa della norma possa essere valutata non già in riferimento alla sola mansione svolta dagli operatori, ma altresì alla tipologia di attività erogata. Basti sul punto pensare che all’interno di queste realtà tutti i lavoratori sono esposti ad un elevato rischio biologico da Covid-19, tanto è vero che la campagna vaccinale è stata estesa alla totalità del personale.

2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita.”

In relazione a tale secondo comma si evidenzia che i lavoratori, che per qualunque condizione clinica non possano essere vaccinati, dovranno necessariamente documentare tale impedimento a mezzo di attestazione rilasciata solo dal MMG.

“3. Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmette l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede. Entro il medesimo termine i datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali, pubbliche o private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali trasmettono l’elenco dei propri dipendenti con tale qualifica, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano.”

Si rileva che l’elenco da trasmettere alla Regione o alla Provincia autonoma di competenza, entro il termine di 5 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (1° aprile), deve essere completo dei nominativi di tutto il personale operante all’interno della struttura, corredato dalla specificazione del luogo di rispettiva residenza.

Ciò significa, innanzitutto, che non devono essere contemplati solo i soggetti non vaccinati, poiché è competenza dell’ATS (o ASL) verificare l’adempimento dell’obbligo.

In secondo luogo, vista l’interpretazione del comma 1 relativa al personale destinatario dell’obbligo di vaccinazione, si ritiene altresì opportuno comunicare non solo i riferimenti degli operatori sanitari e di interesse sanitario, ma anche quelli del restante personale, specificando che la campagna vaccinale già in atto è rivolta a tutti coloro che, a vario titolo, operano all’interno della struttura.

Al fine di garantire maggiore chiarezza espositiva, può inoltre risultare utile suddividere i lavoratori in relazione all’appartenenza o meno ad un Ordine professionale, nonché alla mansione espletata.

Sebbene i nominativi del personale iscritto agli Ordini professionali debbano essere trasmessi da questi ultimi, per evitare l’eccessiva dilatazione dei tempi, si consiglia ai datori di lavoro di provvedere alla trasmissione anche dei riferimenti di tali lavoratori.

Considerato infine che la norma opera un generico rimando alla Regione quale destinataria della comunicazione, si ritiene utile, anche per non incorrere in eventuali ritardi, iniziare a predisporre l’elenco riservandosi di inviarlo non appena saranno fornite indicazioni più specifiche in merito alle modalità di trasmissione.

“4. Entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi di cui al comma 3, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi. Quando dai sistemi informativi vaccinali a disposizione della regione e della provincia autonoma non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all’azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati.”

“5. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 4, l’azienda sanitaria locale di residenza invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al primo periodo, l’azienda sanitaria locale, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’azienda sanitaria locale invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale.”

Tali commi disciplinano la procedura di comunicazione tra Regione e ATS (o ASL) competenti, che in questa fase non coinvolge attivamente il datore di lavoro.

“6. Decorsi i termini di cui al comma 5, l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.”

Si evidenzia che, decorsi i termini per le verifiche di cui ai commi precedenti, qualora l’ATS (o ASL) accerti l’inosservanza dell’obbligo vaccinale, ne sarà data immediata comunicazione tanto all’interessato quanto al datore di lavoro, nonché all’Ordine professionale di appartenenza.

Posto che la vaccinazione costituisce un requisito per l’esercizio delle prestazioni lavorative, l’accertamento dell’inadempimento determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del virus.

Tale comma conferma dunque l’interpretazione già resa in ordine ai destinatari dell’obbligo vaccinale, che non sono solo le professioni sanitarie in senso stretto, ma quelle che, a vario titolo, possono concorrere al rischio di diffusione del contagio.

“7. La sospensione di cui al comma 6, è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza.”

“8. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.”

“9. La sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.”

In linea con i principi civilistici generali, quando il datore di lavoro riceve la comunicazione di sospensione di cui al comma 6, al fine di evitare la diffusione del contagio, valuta la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni anche inferiori; in tale ipotesi sarà erogata la retribuzione corrispondente alla nuova mansione.

Nel caso in cui l’assegnazione a mansioni diverse non sia possibile, l’operatore sarà sospeso dal lavoro e dalla retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato, fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021.

“10. Salvo in ogni caso il disposto dell’articolo 26, commi 2 e 2 -bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.”

Per i lavoratori “fragili” – ovvero soggetti in condizioni certificate di rischio elevato derivante da disabilità grave, immunodepressione e patologie oncologiche -, nonché nei casi in cui la vaccinazione può essere omessa o differita (vedasi comma 2), il datore di lavoro, nell’individuare le mansioni diverse a cui adibirli, deve mantenere la retribuzione di provenienza, la quale pertanto non può essere decurtata.